Un breve ma interessante video su Venezia, la sua vita e le parole, al termine del filmato, di Barbara Biciocchi restauratrice presso Direzione Regionale Musei del Veneto.
Ma anche il commento che Barbara ha scritto appositamente per la pubblicazione nel sito di Kermes.
Leggete questo intervento e godetevi il filmato.
Con la piena consapevolezza che mai più vorrò rivivere le condizioni che hanno portato a tutto ciò, devo affermare con altrettanta convinzione che Venezia nei due lockdown era un trionfo.
Venezia “tourist free” era memorabile, indescrivibile a parole, superba, solenne, fantasmagorica, sognante, stupefacente, dolcissima.
Venezia respirava.
Niente affatto morta, triste e abbandonata come certo giornalismo la stava raccontando per puro sensazionalismo.
C’è voluto un giornalista indipendente come James Mates, di una rete televisiva indipendente britannica come ITV a restituire a questa città la sua realtà del momento.
James ama molto Venezia e la conosce bene. Aveva sempre girato in questa città, e molto prima che la pandemia colpisse e devastasse le vite di tutti.
Ci ha cercati perché tornava, apposta per capire come stavamo vivendo e cosa stavamo facendo.
E voleva chiederci in che maniera pensavamo che saremmo passati attraverso un evento storico di portata mondiale come una pandemia.
Venezia era calma.
Noi residenti avevamo alle spalle già un anno di chiusura al mondo intero. Abbastanza tempo.
Per prima cosa, nelle rare uscite da casa consentite, avevamo avuto modo di considerare quanto siamo pochi, noi residenti. Pochissimi. Troppo pochi. Il tessuto sociale di Venezia centro storico rimane molto riservato a questi pochi.
Venezia ha la sua identità.
Chiusa ogni attività che portava tutte le mattine i lavoratori in città dalla terraferma, siamo rimasti solo noi. Noi che ci conosciamo tutti, e che siamo tutti collegati per motivi di lavoro, di stile di vita, di sensibilità e di passioni condivise.
Venezia si è ritrovata.
In questo anno metafisico, posso dire di non avere mai sentito così tanta bella musica uscire dalle finestre delle case e distendersi nell’aria. Si sentiva jazz di prima qualità, voci liriche che si scaldavano nelle scale e nei vocalizzi e poi eseguivano arie e partiture.
Meraviglioso.
E intanto Venezia riposava.
Avere i musei chiusi ha fatto si che noi restauratori triplicassimo le attività di tutela e conservazione delle opere. Con una devozione mai provata prima, perchè mai, prima della pandemia, qualcuno di noi tutti aveva vissuto così personalmente la precarietà della nostra condizione umana. Di solito attribuiamo facilmente una condizione di fragilità e di fisiologica precarietà all’ambiente, o alle opere d’arte. Sono una restauratrice in attività da tutta la vita e per questo sono stata formata. Con questa mentalità lavoro.
L’anno della pandemia ci ha messo tutti nelle stesse condizioni di fragilità dell’ambiente e delle opere d’arte in una città come Venezia. Un’esperienza come questa cambia tutta la prospettiva delle cose.
Barbara Biciocchi