Visibili per la prima volta dopo il restauro quattro delle otto pareti interne con mosaici trecenteschi raffiguranti profeti, santi vescovi e cherubini
Risplende la doratura del monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII, opera di Donatello e Michelozzo, liberata dalle polveri superficiali
Il restauro potrà dare una risposta all’enigma dell’iscrizione in latino sull’abside del Battistero dove si indica una data, 1225, come inizio dei lavori e che vi operò Jacopo “frater sancti francisci”
Da sabato 3 luglio 2021 il Battistero di Firenze riaprirà al pubblico e per la prima volta sarà possibile vedere restaurate quattro delle otto pareti interne in marmo bianco e verde di Prato con i mosaici raffiguranti profeti, santi vescovi e cherubini, realizzati fra il primo e il secondo decennio del Trecento. Addossato a uno dei quattro lati restaurati, il monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII, opera di Donatello e Michelozzo, risplende liberato dalle polveri superficiali che coprivano la doratura della figura bronzea.
Durante gli otto mesi di chiusura al pubblico, in parte dovuta alle misure adottate per il contenimento della pandemia da Covid-19, i lavori di restauro del Battistero sono andati avanti. Nel frattempo è iniziata anche la manutenzione dell’antico pavimento che terminerà con il restauro di una preziosa porzione in tarsie marmoree. Da fine gennaio 2021, smontati i ponteggi sui lati restaurati, in contemporanea sono stati rimontati sugli altri da restaurare, dove in questo periodo sono in corso le indagini diagnostiche.
Iniziato nel 2017, dopo aver finito quello delle facciate esterne e del manto di copertura due anni prima, il restauro delle pareti interne del Battistero terminerà entro la fine dell’anno, salvo imprevisti. Diretto e finanziato dall’Opera di Santa Maria del Fiore con un investimento globale di circa 2 milioni di euro, il restauro è condotto sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, e la collaborazione per le indagini diagnostiche con Università italiane e laboratori specialistici. Il progetto odierno non riguarda il restauro dei mosaici della Cupola che saranno oggetto di un successivo restauro.
Tra le quattro pareti ancora da restaurare, si trova l’abside del Battistero, rivestita nella volta e sull’arco trionfale da mosaici che sono tra i più rappresentativi del grandioso ciclo musivo del bel San Giovanni. Costruita nel 1202, a pianta rettangolare, del tipo definito a “scarsella”, sostituì una più antica abside semicircolare, di cui rimangono le fondamenta. E proprio ai mosaici della scarsella è legato un enigma a cui nessuno è riuscito fino a oggi di dare risposta: qui un’iscrizione in latino afferma che i lavori iniziarono il 12 maggio 1225, e che vi operò Jacopo frater sancti francisci. “A partire dal Vasari e fino all’Ottocento, spiega Annamaria Giusti, consulente storico artistico per il restauro dei mosaici – si è creduto che l’iscrizione alludesse a Iacopo Torriti, celebre pittore e mosaicista, attivo a Assisi e Roma mezzo secolo dopo. E’ verosimile piuttosto che l’iscrizione sia stata aggiunta ai mosaici della scarsella in epoca successiva alla loro realizzazione, come fa pensare anche la citazione di San Francesco, che fu dichiarato santo solo tre anni dopo, nel 1228”.
Il restauro del Battistero si è rivelato fin da subito molto complesso perché ha dovuto operare su tre piani: l’architettura, la struttura e la decorazione a mosaico. La campagna di studi e d’indagini diagnostiche, mai eseguita prima d’ora in maniera così approfondita sull’intero monumento, e il restauro dei primi quattro lati hanno portato a numerose scoperte, tra le quali: la tecnica musiva assolutamente originale impiegata nei mosaici parietali, un vero e proprio unicum, tracce di foglia d’oro su uno dei capitelli dei matronei, che potrebbe essere la prova che in origine fossero tutti dorati.
Adesso è la volta delle indagini diagnostiche sulle quattro pareti ancora da restaurare di cui sappiamo che i mosaici sono stati oggetto di precedenti interventi tra la fine dell’Ottocento e il Novecento. “È importante approfondire – spiega Beatrice Agostini progettista e direttore dei lavori di restauro dell’Opera di Santa Maria del Fiore – gli effetti di questi restauri del passato, così da poter definire il reale stato di conservazione e individuare la metodologia più idonea d’intervento. L’analisi dei precedenti restauri contribuirà, inoltre, a conoscere il comportamento dei prodotti utilizzati in passato e come questi abbiano reso nel corso del tempo. Dal punto di vista estetico, per esempio, abbiamo riscontrato che per integrare parti perdute o danneggiate, furono impiegate delle tessere dorate speciali, a oggi molto deteriorate”.
“In questo periodo – dichiara Samuele Caciagli dirigente dell’Area Tecnica dell’Opera di Santa Maria del Fiore – l’Opera di Santa Maria del Fiore oltre a portare avanti l’intervento sul Battistero, ha riaperto altri grandi cantieri di restauro come quello della Pietà di Michelangelo nel Museo dell’Opera del Duomo, finanziato dalla Fondazione no profit Friends of Florence, la tribuna absidale e le vetrate della Cattedrale”.
“Nonostante i rallentamenti causati dall’emergenza Covid – conclude Vincenzo Vaccaro, consigliere dell’Opera di Santa Maria del Fiore con delega ai restauri architettonici – l’Opera è stata capace di rispettare quello che è il primo motivo della sua esistenza che consiste nel provvedere alla manutenzione e alla valorizzazione dei monumenti e dei beni in suo possesso grazie all’impegno e alla professionalità di tutti i suoi dipendenti, che ancora una volta hanno saputo dare il meglio di sé pur nelle difficoltà causate dalla pandemia”.
INFO:
Il Battistero è visitabile con il Museo dell’Opera del Duomo grazie a un biglietto unico. https://duomo.firenze.it/it/home