Venerdì 18 maggio, h 13:45
Esperti scientifici di beni culturali: definizione, analisi del passato e prospettive per il futuro
Intervengono: Eleonora Marconi, Diagnosta per i beni culturali, libera professionista, Consigliere di ANEDbc; Giulia Germinario, Diagnosta per i beni culturali, PhD in Chimica dei materiali innovativi, referente regionale della Puglia di ANEDbc ; Maria Rosaria Fidanza, Biologa, PhD student in Biologia Ambientale, referente regionale della Campania di ANEDbc
Definire l’Esperto scientifico di Beni Culturali non è una cosa facile poiché comporta l’analisi di vari aspetti che non riguardano la sola formazione ma anche le specifiche esperienze lavorative. Questa professione, che prevede la fusione di conoscenze tecnico-scientifiche e la comprensione del valore storico-artistico dei beni culturali, nonché delle problematiche umanistiche e conservative che questi sollevano, si inserisce da tempo nel processo di conservazione-restauro come premessa di un intervento pienamente consapevole e razionale. Da oltre circa vent’anni l’Università italiana ha colto tale esigenza indirizzando il percorso didattico di formazione di questo professionista verso la multidisciplinarietà, al fine di rendere la figura dell’esperto scientifico valida e competitiva sul mercato. La variegata offerta formativa universitaria presente in Italia ha dato luogo a diverse specializzazioni permettendo di racchiudere in un’unica professione le differenti competenze necessarie per poter indagare analiticamente un bene culturale e poter offrire risultati tecnici e oggettivi agli altri professionisti del settore “beni culturali”. Tuttavia, come accade per molte figure che nascono da un percorso interdisciplinare, l’inserimento nel mondo lavorativo non è stato agevolato dal mancato adeguamento della Normativa vigente nel settore e dalla scarsa divulgazione dell’istituzione della nuova figura e delle sue competenze operative in relazione a quelle delle altre professionalità, al fine di consentire la piena integrazione in un contesto a più voci senza margini di inflazione di competenze. Troppo spesso ancora si verifica la confusione di ruoli. Le Università si sono quindi ritrovate ad aver creato una figura professionale fortemente specializzata ma senza un definito sbocco lavorativo. La mancata valorizzazione giuridica di questa figura da parte degli Enti pubblici, affiancata alla diffusa convinzione da parte di soggetti privati che la diagnostica sia una fase d’intervento economicamente troppo esosa, ha reso ulteriormente più complessa la sua affermazione. Al contrario di ciò che avviene in Italia, la corrispondente figura professionale all’estero – denominata “conservation scientist”- si è consolidata e si è inserita nell’organico di numerose istituzioni nazionali e private. Questo è stato possibile poiché si è presa consapevolezza che un esperto scientifico interno al processo di conservazione-restauro permette di operare delle scelte tecniche con maggiore obiettività e continuità. Inoltre, si è compreso che l’esperto scientifico non è unicamente un tecnico, ma un professionista in grado di apportare un valore di razionalità aggiunto all’intero processo di conservazione-restauro. Si è così giunti alla consapevolezza di come la diagnostica non sia un’ “esclusiva” delle grandi opere o dei grandi restauri, ma possa essere anche applicata trasversalmente a differenti tipologie di contesti, beni e manufatti, quotidianamente e con costi irrisori, soprattutto se confrontati con i benefici e la maggiore possibilità di fruizione del bene stesso. L’esigenza di una aggregazione sociale che non solo rappresentasse i laureati in Scienze e Tecnologie per la Conservazione dei Beni Culturali (classe LM-11) e gli esperti scientifici del settore, ma che anche fornisse occasioni di confronto, di dibattito e infine di presa di coscienza collettiva ha portato alla costituzione di ANEDbc, Associazione Nazionale degli Esperti di Diagnostica e Scienze e Tecnologie Applicate ai Beni Culturali, che mira a risolvere questo gap tra formazione e mondo del lavoro attraverso la divulgazione della “cultura della diagnostica” e il dialogo e la cooperazione tra le figure professionali e le Istituzioni preposte per lo studio, valorizzazione e fruizione dei beni culturali.