SHANGHAI MING CONTEMPORARY ART MUSEUM – SHANGHAI
07 / 11 / 2019 – 09 / 02 / 2020
Le funzioni di archiviazione, indirizzamento, realizzazione, ciclo, interazione, “se”, “e/o”, nonché gli errori, non sono semplicemente nuove conoscenze e strumenti prodotti da moderni programmi informatici, ma anche “circuiti cerebrali” nascosti della vita contemporanea. Amministrano ogni nostro passaggio inconscio tra le app per dispositivi mobili, catalizzano la nostra ossessione per la gestione dei processi nella quotidianità, enfatizzano la nostra fiducia nelle app di navigazione e guidano le decisioni che prendiamo apparentemente “senza esitazione”.
La generosità del data mining e l’ambiente informatico ad alte prestazioni hanno portato a progressi senza precedenti nel campo dell’intelligenza artificiale, in particolare delle reti neurali, che si stanno espandendo globalmente su scala industriale. I tentacoli del sistema informatico strisciano sulla superficie terrestre, estendendosi nei fondali marini e nelle valli. Eppure, questa tecnologia inarrestabile porta con sé anche un eccesso di interazioni, innumerevoli scappatoie, ambiguità, errori e abusi.
I riferimenti del termine “intelligenza artificiale”, le sue branche e modelli dominanti, stanno tutti evolvendo con il tempo, eppure la tecnologia trova ancora il modo di penetrare nel mondo intero: il mondo di oggi è testimone della nascita di un gruppo di consumatori lungimiranti e utenti consapevoli dei dati e della privacy, oltre che della sottile trasformazione del sapere e la distinzione, ormai diventata fusione, tra “prova” e “intuizione”.
Forse sono solo pochi coloro che hanno effettivamente letto il famoso saggio di Alan Turing o immaginato la sua macchina: tuttavia, quasi tutti tra noi vivono sulla terra di Turing, artisti inclusi. Stiamo iniziando a credere che simili algoritmi possano essere impiegati in campi o discipline apparentemente estranei, e che i mezzi che spaziano dall’”immagine” al “testo” possano cadere nello stesso spazio calcolabile.
Se ripercorriamo gli inizi del Novecento, noteremo che nessun concetto rivoluzionario è rimasto in un campo ristretto. Invece, si sono evoluti in eredità più fondamentali condivisi attraverso molte discipline accademiche, Werner Heisenberg, Claude Shannon, e Ludwing von Bertalanffy potrebbero averlo ben dimostrato.
La mostra Mind the Deep: Artificial Intelligence and Artistic Creation presenta 28 opere di 22 artisti e gruppi di artisti, insieme a dimostrazioni provenienti dalle conferenze sull’IA, per indagare quanto l’intelligenza artificiale si sia introdotta in diversi livelli e fasi della creazione artistica: sviluppo dell’idea, costruzione logica, strumenti specifici ed effetti. Inoltre, la mostra approfondisce anche il modo in cui l’intelligenza artificiale si collega ai circuiti cerebrali nascosti della vita di oggi, oltre che l’inconsapevolezza collettiva immersa nel Technocene.
Mind the Deep inverte la parola “DeepMind”. Le profondità (gli strati) delle reti neurali implicano complessità informatiche estreme e difficoltà di comprensione. Eppure gli algoritmi generali migliori al mondo sviluppati dalla compagnia DeepMind, sono forse ancora lontani dalla consapevolezza”. Se pensiamo a “DeepMind” come nostro scenario attuale, Mind the Deep è mentalità (i “profondi” circuiti cerebrali con migliaia di curve, desiderano una “mente” capace di consapevolezza, attenzione e cautela).
Artisti & collettivi esposti:
aaajiao, Albert Barqué-Duran + Mario Klingemann+ Marc Marzenit, Anna Ridler + Daria Jelonek, Chen Baoyang, Christian “Mio” Loclair, Deng Hanbin + Wu Tingcheng, Doug Rosman, Gene Kogan, Jake Elwes, LarbitsSisters, Lauren McCarthy, Matthew Plummer Fernandez, Memo Akten, Memo Akten + Jenna Sutela, Oscar Sharp + Ross Goodwin, Patrick Tresset, Qiu Zhijie + He Xiaodong, Qosmo, Sarah Meyohas, Silvio Lorusso + Sebastian Schmeig, Shi Zheng, Studio Wayne McGregor + Google Arts & Culture